L’Inganno del Tempo: Perché l’Intelligenza Artificiale Non Sa Che Ore Sono?

L’intelligenza artificiale è ovunque. Promette di rivoluzionare il modo in cui viviamo, lavoriamo, persino amiamo. Ma c’è un dettaglio, un piccolo intoppo che, a ben vedere, rivela una profonda crepa nel suo presunto dominio: ChatGPT, e altri modelli linguistici avanzati, non riescono a dire l’ora.

Potrebbe sembrare un dettaglio insignificante, una curiosità da nerd dell’informatica. Ma riflettiamo: il tempo è la struttura portante della nostra esistenza. È l’orizzonte entro cui collochiamo gli eventi, costruiamo piani, misuriamo il progresso. Un’entità che aspira a un ruolo centrale nelle nostre vite, ma che fatica a comprendere un concetto così elementare, solleva interrogativi inquietanti.

La difficoltà non risiede nella capacità di accedere a un orologio digitale, bensì nella comprensione *concettuale* del tempo. ChatGPT può generare un testo che parla di calendari, scadenze e appuntamenti, ma non afferra la natura sequenziale, progressiva e irreversibile del tempo come la percepiamo noi. Manca l’esperienza, l’ancoraggio sensoriale che trasforma un dato astratto in una realtà vissuta.

Forse, questa incapacità è un campanello d’allarme. Ci ricorda che l’intelligenza artificiale, per quanto sofisticata, rimane un prodotto del nostro ingegno, un riflesso distorto della nostra stessa mente. Non è un’entità senziente, bensì un elaboratore di pattern, un virtuoso della statistica. E la statistica, per quanto complessa, non basta a comprendere la profonda, esistenziale, e a volte dolorosa, cadenza del tempo.

Questa lacuna dovrebbe indurci a una maggiore cautela. Prima di affidare le chiavi del regno alla macchina, dobbiamo assicurarci che la macchina comprenda veramente le fondamenta su cui questo regno è costruito. E il tempo, ne siamo certi, è una di queste.