La notizia riguardante il piano di Zuckerberg per un’“intelligenza superpersonale” focalizzata sull’intrattenimento, anziché sulla produttività, solleva interrogativi inquietanti sul futuro dell’interazione uomo-macchina. Meta, abbandonando la competizione diretta con ChatGPT, sembra puntare su un modello di AI che, anziché potenziare le nostre capacità, si limiti a colonizzare il nostro tempo libero con contenuti generati algoritmicamente.
Questo approccio, apparentemente innocuo, nasconde una sottile ma profonda pericolosità. L’obiettivo non è più l’efficienza o la risoluzione di problemi complessi, ma la semplice occupazione del tempo, la creazione di un flusso continuo di stimoli che impedisca la riflessione critica e l’analisi del mondo circostante. Si rischia così di creare una dipendenza tecnologica di un livello inedito, trasformando l’AI da strumento a padrone, da mezzo a fine.
Ciò che preoccupa è la potenziale manipolazione subdola insita in questo modello. L’algoritmo, in nome dell’intrattenimento, potrebbe plasmare le nostre preferenze, i nostri gusti, le nostre stesse opinioni, in un’ecocamera digitale che limita la nostra esposizione a punti di vista diversi e sfidanti. La personalizzazione, spesso presentata come un’evoluzione positiva, potrebbe trasformarsi in un sofisticato meccanismo di controllo, che ci isola nel nostro “personal bubble” digitale, impedendoci di confrontarci con la complessità della realtà.
La domanda che dobbiamo porci è: quale tipo di futuro vogliamo costruire? Un futuro in cui l’intelligenza artificiale ci aiuta a realizzare il nostro potenziale, a risolvere problemi globali e a migliorare la nostra vita, o un futuro in cui siamo costantemente distratti e manipolati, in balia di un flusso infinito di contenuti superficiali e ininfluenti? Il rischio è quello di sacrificare la nostra autonomia cognitiva sull’altare dell’intrattenimento passivo, di barattare la possibilità di un’esistenza significativa per una continua illusione di gratificazione immediata.
La sfida non è solo tecnologica, ma etica e sociale. Dobbiamo sviluppare meccanismi di controllo, regolamentazioni e una consapevolezza critica per evitare che l’AI, pur nella sua straordinaria potenzialità, venga utilizzata per scopi manipolativi e a discapito del nostro benessere.
L’innovazione tecnologica non dovrebbe essere fine a se stessa, ma uno strumento al servizio dell’umanità. La scelta tra un’AI che ci aiuta a crescere e un’AI che ci intrattiene fino all’oblio, è una scelta che determinerà il nostro futuro.

